domenica 9 novembre 2008

Vielha, l'arrivo

Per l'ultimo giorno di cammino siamo in settanta. Percorriamo i sedici chilometri che ci separano da Vielha molto lentamente: ci sono persone con noi non molto avvezze al cammino e molti alberi caduti bloccano il sentiero. Come per il primo giorno ho passato la notte quasi insonne.
Quando entriamo in Vielha siamo un po' straniti, io ho un groppone nello stomaco che stempero ingaggiando una battaglia a palle di neve con Jan Pei. Siamo arrivati e io ho poche parole per descrivere questo momento: un vuoto di emozione, quasi un'apatia. Vorrei un certo raccoglimento, ma la situazione richiede di seguire un percorso che non abbiamo scelto, di posare per le foto, di essere diplomatici rispetto alle dinamiche politiche. In piazza, davanti al monumento dedicato alla lingua d'oc inaugurato da poche settimane, è stato preparato un aperitivo e le casse dell'impianto fanno girare la stessa canzone. Nessuno parla.
Poi quando vedo arrivare gli amici di Bessas, incontrati quaranta tappe fa, Peire ed Evelyne Marsilhac, Alan Pantel, Cristian di Carcassonne, Philp Amel e ancora molti altri, finalmente qualcosa mi si scioglie; abbraccio i miei compagni di viaggio e infine mi faccio il mio bel pianto accanto alla Garonna.
Sono arrivati dalle valli anche alcuni amici e collaboratori, oltre agli Aire de Prima, per il concerto che la Chambra ha offerto agli aranesi per festeggiare l'arrivo.
Le infinite prove dei suoni nell'unico locale pubblico disponibile in questa cittadina meta di turismo invernale, una grande palestra, mi impediscono di assistere alla cerimonia di accoglienza dei camminatori da parte del Consiglio Generale d'Aran. Sono arrivati anche i Felibre Miqueu Benedetto, Alan Courbet, Jean Mouttet. Una grande ovazione accoglie Ines quando si alza per parlare; e al termine del discorso il presidente di Espaci Occitan la incorona "Miss Occitania".

Cari lettori, ancora una volta è stato difficile tenere il passo con gli eventi e me ne scuso. Quest'ultimo post lo sto scrivendo da Dronero dove sono arrivata da un paio d'ore. Nei prossimi giorni completerò comunque il blog con le foto dei partecipanti, con l'aggiornamento della lista dei doni, le foto restanti dei terreni che abbiamo calpestato e con alcuni racconti di tratti di percorso che ero stata costretta a riassumere.

A presto, dunque.

giovedì 6 novembre 2008

Bossost, alla vigilia del finale


Questo folle treno di rigorosi sognatori che per sessantanove giorni ha seguito la sue tabella di marcia, che per nulla al mondo o quasi si sarebbe fermato, domani compirà l'ultimo tratto e poi altrettanto inevitabilmente si arresterà. Ognuno dei suoi personaggi scenderà a terra con la propria valigia; e il piccolo mondo al suo interno, con i suoi tappeti di foglie, con le sue tavole imbandite, e tutti i suoi piccoli oggetti di ogni giorno, stoffe, bicchieri di latta si dissolverà e ne resterà soltanto una storia da raccontare, cercando di renderle onore...

venerdì 31 ottobre 2008

I terreni dell'Occitania a Pè

Clicca sull'immagine per vedere una slideshow dei terreni

giovedì 30 ottobre 2008

30 ottobre - Foix, l'ultima sosta

Siamo agli sgoccioli... sarà per questo che per la prima volta dall'inizio dela camminata ci siamo presi una vera poggia, dall'inizio alla fine della tappa, tra Montsegur e Rochefixade... tanta e fredda! Diciassette chilometri di filato con una brevissima pausa in un pagliaio per buttare giù qualcosa di compatto e calorico. Il resto della giornata l'abbiamo passato nella gite d'etape ad asciugare noi stessi e i nostri abiti davanti al camino. Il mattino seguente i monti intorno a noi erano ricoperti di neve. Fa freddo... si cammina tra zero e quattro gradi. Tutti quanti diamo fondo alle nostre riserve di abiti, con vari strai (io sono a cinque) tranne Antoni, il caldo catalano che ci ha raggiunti a Comus e che ha intenzione di arrivare in maglietta in Val D'Aran...

La lista dei doni

Anche soltanto una semplice lista delle cose da fare o da acquistare, lasciata in fondo ad un cassetto e ritrovata dopo un certo tempo, ci riporta a circostanze dimenticate, ad episodi particolari, a certe atmosfere infine... Ecco quindi la lista dei doni ricevuti nel corso della camminata: qui gli oggetti sono come degli appigli, sul filo sottile e ingarbugliato del ricordo, che riportano a galla certi umori, certi volti e luoghi e sono qui per donare qualche colore in più a questo racconto di viaggio.

- Il bastone dell’Ecomuseo della Pastorizia di Pietraporzio che accompagna il comandante Cavalcanti dalla seconda tappa.
- Le spillette della Val D’Aran, di Albert l’aranese, che ci viene incontro a 2300 metri, sulla Tete de Sestriere.
- Il libro delle canzoni preferite di Miqueu Pratt, che ci raggiunge al rifugio incustodito dell’Abbaye de Laverq.
- Le magliette e i cappellini con lo stemma del Felibrige.
- Le tazze con la Santo Estelo dalla Mantenenço de Provença del Felibrige.
- Il disco del gruppo di Miqueu Benedetto.
- La crema verde dei Randonneurs e i bastoncini di Janine (che mi han salvato il ginocchio).
- Le magliette della città di Aiguèze.
- Le magliette de La Béte de Gavaudan da Cristian Planchon.
- Le bottigliette di essenza di lavanda di Sault, donateci dall’IEO Provenza.
- La medaglia della città di Sainte Cécile les Vignes (peso: circa 500 grammi).
- I sacchetti di lavanda ricevuti per strada da una signora, alla partenza da Sainte Cécile.
- La crema di Ressaire, amico, apicoltore e presidente del PNO.
- La cassa di vino donata degli abitanti del giovial paese di Bessas, che porta sulla torre una bandiera occitana.
- Il disco del duo “Aiga linda” che ci ha allietato nella serata di Bessas.
- Il keeway “Ardèche Le conseil General” che ci sono stati consegnati a Les Vans, porta delle Cevenne, con l’augurio di non usarli.
- La charcuterie di Pont de Montvert.
- Le magliette e lo stendardo della città di Florac.
- Il disco di canti tradizionali delle Cevenne.
- La cartografia elettronica IGN 25000, installata con testardo impegno dall’affezionato randonneur Daniel.
- I libri fotografici del Larzac di Georges Souche, con i testi di Max Rouquette, ricevuti a la Couvertoirade, insieme alle magliette del centenario del poeta e ad una cassa di vino con l’ etichetta disegnata da Max Roquette.
- I libretti del Cirque di Navacelles di Marc Salze consegnatici dalla municipalità di Le Vigan.
- I baschi OC e le magliette “Sens racinas pas de flors” dell’amico Macarel.
- Il keeway Randò Occitane e le bandanas de la Federation Françoise de Randonnée Pédestre del Midi Pirenées.
- Due libri fotografici sulla flora e la fauna locale donatici a Fraisse sur Agout insieme alla medaglia della città.
- La grande croce occitana in ferro battuto a Laure Minervois consegnata dall’associazione País Nòstre.
- La medaglia del Comune di Laure Minervois.
- Il libro “Paesi catari”di Georges Serres e il coltello con la scritta “Montsegur” offerto dal proprietario della bottega “Aucelon” di Montsegur.
- Paté, vino e succhi di frutta marchiati “Pays Cathare”, dalla Chambre d’Agricolture di Carcassonne.
- I cappellini della Region Languedoc - Roussillon.
- Una cassa di bottiglie di Vin Marsellan de l’Aude dalla municipalità di Monze.
- Il CD della corale GESPPE d’Esperaza “Cants d’´òc en Aude”.
- Il libro di poesie dell’instancabile Brunò Peiràs dell’IEO “Paraulas de 36 colors”.
- Il cartagène di Annet Didier di Serviés en Val.
- La medaglia dedicata al’Occitania a Pè dalla municipalità di Champs sur Agly.
- La medaglia di “Citoyen d’honneur de Bugarach per l’Occitania a pè en Pays d’Aude”.
- Il sale della fonte salata di Soliman (nei pressi di Bugarach), raccolto e donato dall’associazione omonima.
- La medaglia per Ines da 600 grammi della Commanderie de la Malepère, per insignirla del titolo di “Signora del Languedoc”.
- Le corone d’ulivo dall’IEO Ariège a Montsegur.
- Il libro scritto dal sindaco di Roquefixade, Maris de Roquefixade “Cathares – Journal d’une initiée”.
- Alcuni libri editi dall’IEO Ariège (“Le nas suls Andèrs” e “En parant l’aurelha” “La lenga dins lo tintièr” di J.B. Fournié, “Una meravilhosa jornada de cauceta e remolin” di Andrieu Pagés, “Badaluna” di Miquèl), e dal Cercle Occitan Prospèr Estieu (“l’identitat occitana e catalana dins los Pirenèus” “l’Occitan parlé en Ariège” di Delledar e Poujade, “La cigala de Pàmias” di Marguerite Coustard)
- I baschi tradizonali di lana nera dal Conseil General d’Ariège.

Alla lista si aggiungono tutte le offerte di cibo e bevande da parte dei nostri generosi e golosi accompagnatori al momento del pranzo: verdure fresche dell’orto, charcuterie, biscotterie, specialità varie, tra le quali di cui ricordiamo a mo’ di esempio i rochè di cocco di Janine, la torta alle noci di Cristine, le cotognate maison, e alcolici e superalcolici di ogni tipo tra cui citiamo il vin de citron, il vin de nois, il genepy, e naturalmente vini di ogni provenienza. Infine non voglio tralasciare i doni spontaneii della terra prelevati durante il cammino (lamponi, fragoline di bosco, more, corbezzoli, noci) e le piante aromatiche (timo, menta, equiseto, biancospino, santoreggia, salvia, rosmarino) miscelate da me ed Elisa nelle tisane della sera.


mercoledì 29 ottobre 2008

29 ottobre. Rochefixade – Foix

L’aria è fredda e le montagne intorno a noi sono innevate a partire dai 1200 metri. Seguiamo la cresta di una collina che corre lungo una valle verdissima, dove i fazzoletti quadrati dei campi sono contornati dagli alberi. Siamo ancora in zona calcarea, nei pre Pirenei. I Pirenei, sullo sfondo, sono granitici, come mi spiega Jean Claude Rivere, del Club Isard de la Barguillere (che fa parte della Fedeation Française de Randonnee Pedestre). Fa troppo freddo anche oggi per fermarsi a mangiare.
Scendiamo a Foix lungo un sentiero stretto e poco frequentato, che porta al ponte sul fiume Ariège, con una bella vista sui tetti della cittá medievale sovrastata dal castello.
Un signora, sapendo del nostro passaggio, è venuta per sentirci parlare. Ha il ricordo di suo padre, che tornato dal fronte, nella prima guerra mondiale, diceva di aver parlato in ariegese con degli italiani, che era molto più facile capirsi con loro che con i soldati francesi venuti da Parigi. Nessuno gli aveva creduto.

lunedì 27 ottobre 2008

27 ottobre. Comus – Montsegur

Piccola nota personale: oggi è per me una tappa storica, perché per la prima volta provo addirittura piacere nell’affrontare una dura salita! Anche il gelo di questa mattina, quando circondati da prati ricoperti di brina siamo scesi nelle gole della Frau, non mi ha bloccato la digestione di una colazione a base di latte e muesli. Ormai sono indistruttibile! Dopo le gole, quando il sole ci ha raggiunti, la brina ha cominciato ad evaporare e ci siamo concessi uno spuntino tra i fumi che ovattavano l’aria.

All’arrivo a Montsegur l’accoglienza è calorosissima: l’IEO Ariège incorona i sette camminatori con rami d’ulivo intrecciati, e un pullman di nizzardi è venuto per partecipare alla festa. Nel pomeriggio saliamo al castello, passando per il Prat dels cremats, dove nel 1244, dopo la presa di Montsegur ad opera dei crociati, furono bruciati vivi duecento catari. Una lapide modesta ricorda la strage, e intorno ci sono fiori freschi e secchi e qualche foglio con penseri e poesie.
Al castello i nizzardi, completamente presi dal canto corale, ricordano, non fosse per l’età dei partecipanti, una gita scolatica. Bisogna attendere che se ne vadano per poter passare un po’ di tempo tra le mura austere di questo luogo che è rimasto il simbolo della resistenza alla crociata contro i catari.

domenica 26 ottobre 2008

26 ottobre. Espezel – Comus

Finalmente una bella tappa, dall’inizio alla fine! Torniamo sui nostri passi per un paio di chilometri nella piana di Sault, dove la bruma mattutina a striscie basse sui prati ci regala delle immagini molto belle: erba e rugiada in controluce per la gioia dei fotografi! Siamo a 1000 metri e ci sono tre – quattro gradi, ma la giornata è decisamente tersa e il sole scalda in poco tempo. Calpestando le foglie cadute dai faggi cominciamo a salire; alla prima radura ci accolgono una decina di cavalli al pascolo, all’ombra di una fila di vecchi faggi. Dall’altro lato, al sole, c’è una mandria di vacche grigie guascone. Il loro profilo si staglia sul colle dal quale vediamo per la prima volta l’imponente pog di Montsegur: un luogo impressionante con le sue rocche scoscese, circondate da colline selvaggie ai piedi dei Pirenei. Proseguendo passiamo in alto sopra le Gorges de la Frau e giungiamo al colle dove ci attende il sindaco di Montaillou, villaggio occitano, e la troupe di Radio Montaillou, che intervista Ines e Dario. La sera, a Comus, veniamo accolti dalla municipalità.

Aggiornamento da Comus


Gli eventi degli ultimi giorni non hanno lasciato spazio agli aggiornamenti. A questo punto mancano soltanto dodici giorni alla fine del cammino. Con la serata di ieri a Espezel siamo usciti dal favoloso e faticoso mondo di Bruno Peiras dell’IEO, che ha organizzato queste ultime tappe a partire da Caunes Minervois: serate più che mai dense di eventi, di incontri, di spostamenti: Carcassonne – Monze – Lagrasse – Termes – Duilhac sus Peyrepertuse – Champs sur Agly–Bugarach – Quillan – Puivert – Espezel – Comus. Ho appena il tempo di fare un breve riassunto delle tappe e degli incontri sperando che nonmi sia sfuggito nessuno…
Ed ecco in ordine : i bambini della calandreta di Carcassonne che ci hanno accompagnato nella tappa tra Carcassonne e Monze; la grigliata di Monze, insieme alla gente del paese, accogliente e curiosa. E poi l’incontro a sorpresacon le amiche e gli amici di quel villaggio sparso di cuida un po’ di anni mi sento parte: Silvia, Lise, Paola, Relù,François, Beppe e Silvana, che vivono tutti in questa zona ;la fanfare de Minervois alla festa di Montlaure; la grigliata di Servies en Val ; l’appoggio militante e i racconti di Alan Rouch dell’IEO ; i 1000 chilometri di strada compiuti sul Col de Cedeillan, nella tappa tra Termes e Duilhac ; la favolosa nave sulla quale sembra di essere imbarcati salendo al castello di Peyrepertuse… e poia Dulhac, nella Chambre d’Hotes della simpaticissima Marie Cristine, la fisarmonica, che sfodero per la prima volta dall’inizio del viaggio ! … a fine serata si ballano mazurka tango e manele.
E ancora, la compagnia dell’associazione di Salicorn, la cittadinanza onoraria offerta ai camminatori dal sindaco di Bugarach, la Corale di Pic en Chœur che canta la Priero dal Mountanar di Masino Anghilante, la Corale Gesspe a Quillan, e l’associazione al Cantou, che ci preparano pranzi e cene tra Bugarach, Quillan e Puivert, eci allietano con storie e canzoni. E infine la Commanderie de la Malepere, che a Espezel, nel corso della Fiera degli allevatori, con una buffa cerimonia accompagnata da un’orchestrina swing, compie l’ « intronisation de Ines », ovvero fa entrare la nostra comandante nella confraternita (il Malepere é un vino), dichiarandola « signora del Languedoc » .
E che tutto cio’ vi basti, per il momento…

Le Corbières

Corbières: la terra dei corvi, della garriga e dei cinghiali. La sola coltivazione è quella della vigna. E camminando nella garriga ci nutriamo di corbezzoli, deliziosi frutti rossi con la pelle ruvida, dolci e granulosi all’interno. La sera si mangia carne. E come unica verdura le patatine nei pacchetti ! Il vignaiolo che ci ospita a Villemagne, vicino a Lagrasse, chiama il suo vino «lo sang de calhau», dato che il terreno é in gran parte composto da sassi (i calhau, appunto); quest’anno ha rinunciato a vendemmiare una delle sue vigne, perché è stata devastata da cinghiali. Ogni anno in questa zona ne uccidono circa trecentoper villaggio. Il clima umano che si respira in questi luoghi ha qualcosa di speciale: popolare, festoso, partecipativo e ridanciano più che mai.

sabato 25 ottobre 2008

25 ottobre. Puivert – Espezel

Continuiamo sul sentiro cataro tra boschi, fino a quando usciamo sulla magnifica piana di Sault. A Espezel c’è la trentunesima fiera degli allevatori, che quest’anno, per la prima volta non vede presenti mucche e pecore, solitamente le principali protagoniste, a causa di una malattia che si è diffusa in tutta l’area dei Pirenei, detta della “lingua blu”.
La Comanderie de la Malepere, una confraternita legata al vino omonimo, ha deciso di intronizzare Ines, con una buffa cerimonia accompagnata da un’orchestrina swing.
Nel pomeriggio, avendo aquistato delle ostriche ad un banco del mercato, la churma giovane del gruppo decide di andarle a mangiare in un prato insieme ad una bella bottiglia di vino bianco. Due cavalle curiose ci vengono incontro al galoppo e si soffermano in nostra compagnia, fino a quando il calar del sole lascia un’aria gelida che invita a rientrare nella fiera. Alcuni venditori che hanno acceso un fuoco a lato della strada ci invitano a scaldarci. Non hanno trovato un posto per dormire e passeranno la notte all’adiaccio.
La sera siamo invitati alla grande cena degli allevatori: oltre quattrocento persone stipate come mucche in un’enorme sala dove c’è un frastuono incredibile; per reazione taciamo tutti, finiamo di mangiare alla svelta e ce ne andiamo a dormire in un hotel topaia di Belcaire con un certo vuoto interiore.

venerdì 24 ottobre 2008

24 ottobre. Quillan – Puivert

Oggi siamo invitati a pranzo a La Fage, da alcuni membri dell’associazione “Al Canton”; una lunga tavola viene allestita nel garage di uno di loro.
L’arrivo a Puivert, che qui viene chiamato “Pebert”, è direttamente sul castello, dove il figlio del proprietario (il sito è privato dal 1995) ci fa entrare gratuitamente, tenedo a precisare come questo castello sia stato sempre un luogo di vita, non di guerra. Nel corso della crociata contro i catari, non ci volle molto a prenderlo: appena tre giorni. Un prato verdissimo rettangolare accoglie chi entra e mette voglia di restare a prendere il sole o di farci le capriole. L’insieme del prato, del castello e delle mura è decisamente armonico. Puivert era noto come luogo di incontro dei trovatori; l’importanza data alla musica e alle arti è ancora testimoniata dai bassorilievi presenti nella più grande sala interna, che rappresentano i musicisti con i loro strumenti.
Mentre saliamo al terrazzo in cima a questo grande edificio dalla forma squadrata, Sophie della GESSPE comincia a suonare la sua bodega in mezzo al cortile, e arriviamo a vederla dall’alto, evidenziata dalla sua ombra lunga del tardo pomeriggio.
La nostra gite è a Campsylvestre, ai bordi della grande piana che si dice che un tempo fosse un lago; ancora oggi si nota la linea degli alberi che segna per alcuni, il punto in cui arrivava l’acqua. Le borgate intorno erano case di pescatori. Al lago, sulla cui esistenza al tempo dei trovatori non tutti concordano, è legata la leggenda della dama bianca, che ogni giorno scendeva al lago per potersi specchiare nelle sue acque. Un giorno, non riuscendo a scorgere il suo riflesso chiese al marito di spostare qualche pietra che faceva da argine al lago, per far muovere l’acqua e ritrovare così il suo riflesso. Ma in questo modo, il lago finì per svuotasi completamente. La spiegazione scientifica della scomparsa del lago parla di un terremoto che deviò a monte il corso d’acqua che lo alimentava.

giovedì 23 ottobre 2008

23 ottobre. Bugarach – Quillan






Freddissimo. Ho addosso tutti i capi che ho a disposizione: due paia di pantaloni, canottiera di lana, maglia tecnica a maniche lunghe, pile, giacca antivento, giacca antipioggia, berretto, guanti.
Si sale nel bosco e quando la vista si apre compaiono i Pirenei innevati. Ci viene incontro il sindaco di Saint Just et le Bezù e ci mostra la vecchia strada per la Spagna, il monte Saint Barthelemy e il paese di Rennes le Chateau, noto per l’opera del curioso abate Sauniere, che all’inizio del secolo scorso fece ampliare e decorare la chiesa di statue, simboli esoterici e stranezze, come l’acquasantiera retta da un diavolo e l’affresco di un paesaggio. Oggi il villaggio è meta di molti curiosi venuti per decifrare i simboli o addirittura per trovare il tesoro dei visigoti, tanto che il cimitero dietro la chiesa è stato chiuso, dopo svariati tentativi clandestini di scavo.

Il sindaco di Saint Just et le Bezù ci invita a scaldarci in municipio, dove ci prepara il caffè e ricopre la tavola del consiglio comunale di dolci e biscotti. Sono 25 anni che grazie a lui il paese ha le targhe delle vie scritte esclusivamente in occitano. Rispetto alle dinamiche di spopolamento e di immigrazione che abbiamo incontrato in tutto il medjourn, Saint Just non fa eccezione: molta gente del posto se n’è andata, ed è arrivato qualcuno da fuori, in particolare dal nord della Francia. Il consiglio comunale è in gran parte composto da gente che viene da lontano; sono loro ad essere favorevoli alla toponimia in lingua locale, più della gente del paese, che è cresciuta con l’idea che il patois andasse abbandonato. Allo stesso tempo sono portatori di una cultura differente, più individualista, che li porta a volere la proprietà di risorse che sono sempre state considerate comunitarie, come l’acqua e i sentieri.

Quando usciamo dal municipio, il sole ha cominciato a scaldare l’aria e la camminata si fa più piacevole, tra alti colli boscosi dove ancora una volta si mescolano mediterraneo e montagna; ci siamo allontanati dalla bassa garriga, ma ancora troviamo corbezzoli e piccoli roveri sempreverdi.

A Quillan una locandina in edicola annuncia il nostro arrivo; Alan Rouch ci accompagna a visitare la giovanissima Brasserie Les Prés en Bulles, dove trovo traccia del passaggio degli amici musicisti del Traio Romano; il piccolo capannone ospita il birrificio e un angolo degustazione molto rustico.
La sera ci attende, nel paesino di Ginoles, una compagnia festosa riunitasi intorno alla corale GESSPE di Esperaza, che ha organizzato una grande cena sociale. Il buonumore contagia tutto il gruppo, inizialmente stanco e infreddolito.

mercoledì 22 ottobre 2008

22 ottobre. Champs sur Agly – Bugarach





Vento forte. La temperatura si è abbassata di quindici gradi. Saliamo in cresta, dove alla nostra destra abbiamo la lunga Valle de Fenoiullades e in lontananza il mare, ma il cielo scuro coperto di nubi non ci lascia vedere il paesaggio con chiarezza. Sul colle il vento ci sposta... suoni e colori da fine del mondo; penso che se fossi qui da sola sarei terrorizzata! Fa talmente freddo che arriviamo a Bugarach per pranzo.
Da ieri camminano con noi alcuni rappresentanti dell’associazione Salicorn, che si occupa di far conoscere il territorio. Il nome dell’associazione viene da una curiosa fonte d’acqua salata che si trova poco lontano: il terreno calareo fa filtrare l’acqua che si arricchisce del sale rimasto dall’era in cui il mare si ritirò; trovando poi un terreno argilloso, scorre senza più filtrare, fino alla fonte. Nel tempo in cui il sale era monopolizzato, la storia delle fonte è naturalmente legata all’estrazione clandestina del sale da parte della gente del posto. Ogni anno l’associazione organizza una camminata alla fonte ed estrae il sale per tenere viva la coscienza del proprio territorio e delle proprie risorse.

La sera siamo accolti a sorpresa dalla Corale Deux Pics en Coeur , che ad un certo punto canta La priero dal montanar, senza sapere che l’autre, Masino Anghilante, è il padre di Dario.
Il sindaco ci consegna poi la medaglia di cittadini onorari del Comune di Bugarach.

martedì 21 ottobre 2008

21 ottobre. Duilhac sus Peyrepertuse – Champs sur Agly






E’ tornato il caldo estivo e la camminata si fa più pigra; alle dieci del mattino le nebbie, che celavano in parte il castello di Peyrepertuse, si dissolvono. Sudo come non ho fatto mai in questo viaggio, o forse me l’ero scordato.
Guardando con più attenzione nelle Gorges de Galamus, appare tra le rocce l’eremo di Saint Antoine. Ci fermiamo per pranzo.
In fase digestiva, un dislivello di 600 metri in salita mi fa vivere male; non mi mette ansia, come succedeva all’inizio della camminata... solo un fastidio che mi riporta a molti anni fa, quando andando a sciare ero costretta a spingermi con le racchette in alcuni brevi tratti di falsopiano, che portavano al primo skylift: lo trovavo uno sforzo inutile e deprimente. Gli altri bambini sopportavano lo sforzo; io soffrivo, mi lamentavo e volevo farmi tirare. Eppure ero una bambina forte e una bravissima sciatrice! Non sono sempre stata infaticabile come credevo di ricordare; mi sento addosso la stessa faccia sbuffante di allora...

Proseguiamo su terreno calcareo tra la garriga e le radure di erba alta e gialla, punteggiate di margherite; alla nostra sinistra abbiamo il grandioso Pech de Bugarach, una montagna di 1200 metri, che ha in cima un grande prato; ogni anno all’equinozio di primavera, si radunano centinaia di persone in cerca di energie positive.
Il sindaco e la cittadinanza di Champs sur Agly ci accolgono in una sala umida all’interno del municipo; sono persone dal riso facile. Basta davvero poco: il discorso un po’ impacciato del sindaco, che parla benissimo l’occitano, ma ha difficoltà a leggerlo; o la citazione di Dario, quando ricorda il ritornello ripetuto dei vecchi delle vallate - “Ah, la França, es lo paradis de la pança” - , che di solito fa sorridere, qui fa scattare sonore risate!

La sera dormiamo a La Bastide, un villaggio vicino in un agriturismo della rete “Accueil Paysan” che ha uno statuto particolare: prodotti rigorosamente locali, attenzione ecologica e capacitá di offrire ai visitatori una conoscenza storica, economica e culturale del territorio.

lunedì 20 ottobre 2008

14 ottobre - Da Caunes Minervois a Carcassonne

Il nostro vignairon ci riaccompagna tutti sul camion fino a Caunes. La tappa di oggi è lunga trenta chilometri ed è in gran parte su asfalto; i ritardi della mattinata ci costringono ad aumentare l’andatura, per rientrare nel ferreo programma di Peiras, che oggi prevede un incontro sul Canal du Midi con trecento studenti delle scuole bilingue e un’accoglienza da parte della Camera dell’agricoltura. Percorriamo il viale alberato lungo il canale ai cinque all’ora, fermandoci solo per osservare il meccanismo delle chiuse in azione, che serve per far salire o scendere le barche. Un’opera impressionante, il Canal du Midi: l’impresa di un sognatore, il barone Pierre-Paul Riquet che nel 1663 convinse Luigi XIV che era possibile collegare il Mediterraneo all’Atlantico utilizzando le acque provenienti dalla Monagna Nera. In quattordici anni di lavoro quindicimila operai costruirono questa gigantesca opera idraulica lunga 240 chilometri, che è oggi affiancata da platani trecentenari. L’asfalto ha messo a dura prova piedi, anche e ginocchia.
La sera siamo invitati a cena nel villaggio di Villegailhenc, dove ci accoglie l’associazione Fasètz la la Lenga en Cabardes, che ogni anno a inizio marzo organizza la Quinzaine Occitane, due settimane di teatro, musica, cinema e conferenze in lingua d’oc. Veniamo rinfocillati a dovere dalla corale Cossi` que siague: ognuno ha portato una specialità preparata a casa, bellissima abitudine che abbiamo riscontrato in tutto il Languedoc. A Carcassonne, la nostra casa è appena fuori dalle mura della Cittadella; la luna piena illumina il quartiere fatto di piccole abitazioni, giardini con ulivi e vasi ancora fioriti... ricorda tanti luoghi, ha un sapore familiare ed esotico allo stesso tempo: è l’accogliente mondo mediterraneo.

13 ottobre - Da Minerve a Caunes Minervois

Camminiamo nell’aria ovattata dalla bruma, che contrasta con il paesaggio secco della garriga e delle gole intorno a Minerve, ricchi di grotte e di antichi rifugi costruiti in pietra a secco. I colori delle nostre giacche antipoggia spiccano in questo biancore omogeneo, che arrotonda i suoni, le parole, i passi. Intorno a noi lecci, ginepri, licheni, timo, lavanda e una curiosa varietà di quercia minuta, si abbeverano di questa rara aria umida. A Félines Minervois siamo accolti dal sindaco e mangiamo in una palestra comunale, con il sottofondo dei giochi dei bambini della calandreta; nel pomeriggio proseguiamo il cammino insieme a loro tra le vigne che hanno colori brillanti dal giallo al rosso a seconda dell’esposizione. Alcune uve devono essere ancora raccolte: la stagione è stata molto secca, e oggi è il primo giorno piovoso, per così dire, da inizio luglio. A Caunes Minervois il tempo accelera: Bruno Peiras, organizzatore per le prossime otto tappe, ci accompagna in macchina a Laure, dove ci attendono un’ottantina di persone per cena.
La serata è organizzata da Pais Nòstre, un movimento con base a Narbonne, che raccoglie differenti soggetti che rivendicano una politica regionale autonoma a livello economico e culturale. Le rivolte dei vignairons dei primi anni del Novecento e poi degli anni Settanta non sono acqua passata. Lentamente i vignaioli hanno ottenuto denominazioni d’origine e migliorato la qualità dei vini, ma rimane difficile da sostenere economicamente una produzione di piccole dimensioni; molte vigne vengono abbandonate e sradicate.
La tavola lunghissima, approntata nella cantina, parla tutta occitano; di tanto in tanto qualcuno sale in piedi su una grossa cassa per fare il proprio discorso, poi due importanti cantautori in lingua d’òc, Claude Marti e Mans de Breisch, si alternano a cantare in piedi sulla sedia. Serata d’eccezione, che vale questo trasferimento automobilistico, sempre un po’ traumatico per chi cammina. Un gruppo ristretto si riunisce più tardi nel salotto di casa, e la serata si chiude con una lunga discussione politica.

12 ottobre – Da Rieussec a Minerve

Oggi siamo in 108 a fare i dodici chilometri nella garriga da Rieussec a Minerve, dove è stata organizzata una grande manifestazione. La pioggia prevista, grazie ancora una volta a quello che abbiamo battezzato “l’anticiclone dei camminatori”, è di scarsissima entità e giunge solo dopo il nostro arrivo trafelato al cimitero; qui ci attendono il sindaco, il presidente della Communauté de Communes, i rappresentanti del Circ d’òc e i ragazzi delle calandretes locali per omaggiare la tomba del grande poeta occitano Leon Cordas. Nel pomeriggio un gruppo di persone e rappresentanti di associazioni si riunisce per una riflessione su come lavorare in sinergia il prossimo anno, quando si commemorerà l’ottocentenario dall’inizio della crociata contro i catari, l’evento che segnò l’inizio della conquista dei paesi d’òc daparte del Regno di Francia. Minerve, da questo punto di vista, è una città simbolo: nel 1210, quandosubì l’assedio dei crociati,centoquaranta catari furono bruciati nel primo rogo collettivo dall’inizo della crociata. Oggi Minerve è una cittadina turistica ben curata, dall’aria un po’ vuota, animata soltanto dai negozietti di artigianato artistico. Ma questa sera il centro è piuttosto animato; nella piccola piazza antistante alla Gite d’etape comunale, comincia un baleti, con lamusica dei Castanhas e vin novel, duo perfisarmonica, ghironda, voci e percussioni, il baule di una station vagoncome retropalco. Bravissimi. Anche la cena è ottima, a base di salsiccia e lenticchie, preparata dai genitori e dai ragazzi delle calandretes.

11 ottobre - Da Premian a Rieussec

Non siamo mai stati così pochi: Elisa e Dario sono costretti a saltare la tappa e Jan Pei, “agitatore culturale” con noi da molti giorni, si perde dopo essersi intrattenuto troppo a lungo a parlare con i cacciatori. Proseguendo a saliscendi per le colline ricoperte di castagni incontriamo molti uomini appostati lungo il cammino con fucile e gilet arancione fosforescente: siamo nel mezzo di una battuta di caccia al cinghiale. Fa caldo e mi sento moto pigra. Il pic nic è stato preparato dallo stesso pericoloso ristorante della cena di ieri, e mangiamo inorriditi e assaltati dalle mosche. Peyre, per la prima volta dall’inizio del cammino, si rifiuta di mangiare.
Ci troviamo ancora una volta a metà strada tra l’aria mediterranea e un clima più fresco, di montagna, e dopo i castagni, lungo un sentiero sulla sommità di una collina, incontriamo la garriga. A Rieussec ci accoglie Anne Maffre, che ha organizzato una serata con un’associazione di Narbonne: poesia, musica, ballo e cinghiale per tutti.

10 ottobre - Da Fraisse sur Agout a Premian

Attraversiamo un paesaggio collinare poco armonico, tra rimboschimenti, felci secche e grossi cumuli di legna tagliata. Raggiungiamo il Lac de Vezoles per pranzo. Con noi c’è René Mauri, professore dell’Università di Napoli, che ci ha portato la notizia che la facoltá di Lingue dell’Orientale ha approvato una delibera a favore dell’appello per lingua d’òc Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Nel pomeriggio, seguendo un antico sentiero scosceso e immerso in una faggeta secolare, scendiamo lungo il Saut de Vezoles, che prima della costruzione della diga era un’impressionante cascata. Per l’aperitivo siamo attesi in Comune, poi ceniamo in un buffo ristorantino, dove occupiamo tutti i tavoli disponibili; i piatti, per giungere a noi, devono attraversare la strada, dove si trova la cucina! La salade maison è un’accozzaglia di avanzi che ci fornisce un campionario esaustivo delle brutalità culinarie che si compiono in questo luogo: pezzi di frittata zeppi di olio, brandelli di carne, foglie di insalata imbevute di una vinaigrette che uccide ogni sapore. Ma forse è meglio così.

8 ottobre – Da Camares a Murat sur Vebre

Saliamo alla cima del Monte Merdelou, immersa nelle nubi che ci precludono la prima possibilità, in questo viaggio, di vedere i Pirenei. L’ultima parte della salita è una rampa con una pendenza da scala a pioli che sfianca soprattutto i nostri accompagnatori, che più che randonneurs sono amanti di danze occitane. Tra loro c’è un uomo che non riesce ancora a credere che il suo patois sia a noi comprensibile, e viceversa e di tanto in tanto con esclama con stupore: “Nos comprenem! L’aurái pas jamai cregut”. Lungo la cresta ci accompagna il suono un po’ fosco delle pale a vento che compaiono e scompaiono nella foschia. Fa decisamente freddo e dopo la discesa, per fortuna, un pagliaio ci offre riparo per mangiare. La sera, dopo una cena a base di charcuterie e trippe, è stato organizzato un lungo spettacolo; il cantante Alain Bessiers ha scritto un testo dedicato alla camminata e ci invita sul palco per fare i cori. Poi è la volta di Robert Marti, in arte Padena, noto comico di Puilaurens, vicino a Tolosa, che fa scompisciare l’uditorio. Cena e ospitalità ci sono offerte dal comune, in una Gite predisposta per i pellegrini del cammino di Santiago.

domenica 5 ottobre 2008

4 ottobre - Il Larzac, terra di ribellione

Da due giorni ci troviamo nel Larzac, terra arida e abbandonata, come la racconta il poeta Max Roquette, originario di questi luoghi. Quasi un deserto, che fu scelto, in quanto tale, dall'armata francese, per farvi dei campi di addestramento militare. Nel 1904 lo stato francese, che preparava la rivincita sulla Germania, compro` 3500 ettari di terra non utilizzata dalla gente dei villaggi. Dopo la guerra, alcuni contadini cominciarono a chiedere all'armata di poter riaquistare le terre, ma cio` non avvenne, al contrario, nel 1971 giunse da Parigi la decisione di allargare il campo militare. La gente lo venne a sapere da radio e televisione e ne fu sconvolta; si organizzo` una resistenza: Gardarem lo Larzac.
Come ci raccontano Peire Marsilhac e Joel Antraigues, che hanno vissuto in prima persona questi eventi e daqualche giorno in cammino con noi, la gente del posto non eraavvezza al conflitto. Ma alla fine degli anni Sessanta erano venute ad abitare in Larzac delle persone che venivano da fuori, i cosidetti neocon, migrati dalle città per tornare ad una vita contadina. E poi c'erano i maoisti, i primi occitanisti, studenti di Montpellier... Furono in molti a venire in aiuto alla resistenza del Larzac.
I contadini di San Martin de Larzac organizzarono una resistenza; alcuni erano pronti a prendere i fucili. In questa fase gioco` un ruolo importante LanzaDelvasto, che li convinse che l'unica possibilità di vittoria poteva venire da una lotta non violenta.
Dal momento che c'erano anche dei contadini disposti a vendere le loro terre, la resistenza organizzo`una società civile, chiamata Grupament Foncier Agricole, che compro` le terre al prezzo offerto dall'armata. In questo modo ci furono oltre cento persone comproprietarie dei terreni, e questo complicava di molto i tentativi di acquisto da parte dell'armata. A Parigi per quindici giorni si accamparono i pastori con le loro greggi sotto la Tour Eiffel, e ci furono due momenti importanti, nel '73 e nel '75, quando sul Larzac si ammassarono oltre 100 000 persone.
La lotta cesso` quando venne eletto François Mitterand, nel 1981.
Nel frattempo l'armata era riuscita a comprare 6000 ettari di terra. La società civile delle Terre del Larzac si occupo` di riacquistarli e oggi Joel é tra gli affittuari di queste terre. Questa lotta ha lasciato un segno nella mentalità della gente; i contadini hanno compreso per esempio che la terra si lavora, ma che è anche un diritto di tutti poterla attraversare. E infatti i recinti per gli animali hanno sempre delle porte che permettono il nostro passaggio. Gardarem la Terra è l'erede del vecchio movimento, e oggi compie azioni per evitare l'utilizzo degli OGM o affinché i passaggi non vengano bloccati dall'acquisto delle terre, e la vita dei villaggi non venga annientata dagli acquisti di seconde case.

sabato 4 ottobre 2008

4 ottobre - Lo studio della lingua d'oc

Nel corso degli ultimi dieci anni è cresciuta decisamente la domanda di insegnanti e persone che lavorino nell'ambito della comunicazione in lingua d'oc. La richiesta viene da pensionati che decidono di riapprendere la lingua, da genitori richiedono scuole bilingui per i figli, e da giovani alla ricerca della loro identità culturale.

Oggi tra le persone che oggi ci accompagnano c'è Marie Jeanne Vermy, insegnante di occitano all'università di Montpellier e responsabile della Federacion dels Ensnhaires de lenga e cultura d'oc per l'insegnamento della lenga nella scuola pubblica. Come la maggior parte delle persone della sua età, Marie è cresciuta sentendo parlare il patois dai suoi genitori, che pero`si rivolgevano a lei soltanto in francese. Negli anni del al liceo un professore le ha fatto scoprire che quel patois era una lingua di cultura. Ha quindi deciso di riapprendere la lingua. Facciamo con lei il punto sulla situazione dell'occitano nel campo della formazione. Dal 1992 in Francia una legge permette l'insegnamento bilingue, in caso ne venga fatta richiesta dai genitori degli allievi, in accordo con gli insegnanti e i direttori scolastici; a partire dal 2002 esiste un concorso specifico per gli insegnanti di occitano, ma a causa dei tagli di spesa i posti nella scuola pubblica sono pochissimi. Alle università di Tolosa, Montpellier e Nizza è possibile seguire corsi completi di lingua e cultura d'oc; i laureati trovano facilmente lavoro in giornali e TV, case editrici, all'IEO (Institut d'Estudi Occitan), nell'insegnamento e nei corsi per adulti.

venerdì 3 ottobre 2008

3 ottobre - Da Le Vigan a Vissec

A le Vigan salutiamo le Cevenne; un rio lento con le foglie secche poggiate pigramente sull'acqua accompagna i nostri primi passi mattutini. Poi si salesulla Caussa, un altipiano calcareo dove il paesaggio cambia completamente; terreno pietroso e piante basse di garriga: aceri diMontpellier, lecci, roverelle, ginestre, timo e lavanda. Siamo entrati nel Larzac. Soffia un vento forte. Attraversiamo pascoli recintati che sono dotati di porte per passanti, cavalieri e camminatori... che civiltà: qui il diritto di passaggio è garantito!Ci sono cartelli che mettono in guardia dai tori, ma per fortunaincontriamo solo pecore, poi, per un certo tratto siamo seguiti da un cavallo e un asino, fino a quando ci chiudiamo dietro l'ennesima porta.
A pranzo giungiamo al canyon del Cirque di Navacelles, un luogo impressionante per la vastità e laforma. Scendiamo al suo internoe seguiamo le gole della Vis, un fiume che ha un acqua davvero speciale. Risaliamo il fiume fino al mulino dove lo vediamo sgorgare dalla roccia; ci spiegano che ad Alzan, a 15 chilometri di distanza, si infila sottoterra e misteriosamente impiega ben venti giorni prima di riemergere.

L'accoglienza nel minuscolo paesino di Vissec é incredibile. Nella piccola sala comunale si ammassano un centinaio di persone; e il sindaco fa il suo discorso in occitano.

2 ottobre - Da Valleraugue a le Vigan

Saliamo a quota 1400 sulle pendici orientali del massiccio del Mont Aigual, che, come fa intendere il suo toponimo dona acqua (aiga, in occitano) al Languedoc e al Roergue. Attraversati da vie secolari, i suoi pendii hanno accolto per secoli i pastori con le greggi transumanti dalla garriga e dalle valli vicine. E fu proprio per dare spazio ai pascoli che il territorio fini` per essere in gran parte deforestato. Nel 1973, quando quest'area é entrata a far parte del Parco delle Cevenne, ha avuto inizio un'opera di riforestazione.
Sovrastati da una cappa di nubi che lascia aperto l'orizzonte, ad un certo punto, con grande meraviglia, scorgiamo le Alpi, e riusciamo ad individuare il massiccio del Monte Bianco. E a sud la linea del mare nei pressi di Montpellier! Camminano con noi un gruppo di aveyronesi e una buffa guida di montagna, Gabriel, con scarpe gigantesche, barba lunga, basco e maglietta di Che Guevara, che a pranzo tira fuori dal suo zaino vino, formaggio, salame e patè per tutti. Alla Mayson de Pays di Le Vigan ci attendono molte persone e come sempre un ricco buffet di benvenuto.

giovedì 2 ottobre 2008

27 settembre - Da Le Bleymard a Pont de Montvert

Le Bleymard è una delle tappe del cammino che lo scrittore Stevenson compi’ insieme alla sua asina Modestine, e che fu descritto nel libro “Viaggio a bordo di un asino nelle Cevenne”; il percorso, oggi ben segnalato, ogni anno porta in quest’area 12 000 turisti e dà parecchio lavoro a nuove generazioni di asini. Tre furono i fattori che portarono Stevenson a decidere di compiere questo viaggio: in primo luogo, come spesso accade, un tormento amoroso, al quale si sommo` un problema di salute, e infine la curiosità per queste terre in cui il protestantesimo riusci` a sopravvivere, nonostante i numerosi tentativi di estirparlo da parte della chiesa cattolica e dalla corona francese.
La sommità del Mont Lozere, dove saliamo oggi, fa da spartiacque tra la parte nord cattolica e quella a sud protestante. Dopo la revoca dell’Editto di Nantes, che aveva riconosciuto il culto protestante, molti perseguitati abiurarono o fuggirono a sud del Mont Lozere. Era il 1865.
A Pont de Montvert, nel 1702, con l'uccisione dell'abate di Cayla, ebbe inizio la rivolta dei Camisardi; il protestantesimo sopravvisse poi in clandestinità fino alla rivoluzione francese

Un’ennesima giornata limpida. Il paesaggio intorno a noi si apre sempre più mentre saliamo al Pas de Finiel; siamo circondati da pascoli. Ci sono alte scaglie di pietra a fianco del cammino, per indicare la via quando c’è neve. L’inverno qui è gelido, e questo monte tondo ed erboso non concede ripari per il vento. Facciamo una deviazione per salire al Pic de Finiel descritto da Stevenson nel suo diario di viaggio. E’ la sommità di montagna più piatta che abbia mai visto, tanto che per avere una buona visuale a trecentosessanta gradi bisogna spostarsi nelle quattro direzioni dalla pietra che segna la cima. Scorgiamo ormai in lontananza il profilo del mont Ventoux.

26 settembre - Da Villefort a Le Bleymard

Camminiamo ancora tra i castagneti, e questa volta ne troviamo alcuni ancora curati e attraversiamo un paio di villaggi dall’architettura massiccia e austera, con i tetti in losa sottile e i muri fatti di pietre scure di grosso taglio.
Siamo nella provincia meno densamente popolata di Francia, quattro abitanti per chilometro quadrato. La rivoluzione industriale e il lavoro in vigna nel Midi hanno dato il via all’emigrazione dal Lozere che dai 140 000 abitanti censiti prima del 1880 arriva oggi a soli 75 000.

La gente che incontriamo capisce l'occitano ma fa fatica a parlarlo; come è avvenuto in tutta la Francia sono cresciuti con l’idea che la loro lingua madre non dovesse essere parlata. I divieti, le punizioni, la vergogna, hanno creato un forte blocco psicologico; alle domande poste in lenga d'oc, alcuni coraggiosi, dopo qualche parola francese, cominciano un po' stupiti a usare il loro “patois”, altri invece continuano a rispondere in francese, ma l’accento del Midi li tradisce.
Passiamo tra alte colline adibite a pascolo, in un territorio agricolo, tra mandrie di pecore e mucche, orti, castagni e meli. E tanti frutti di rosa canina, che anche qui sono chiamati gratacul. A Le Bleymard fa freddo e ci rifugiamo subito in hotel; domani ci collegheremo per le prossime due tappe al Cammino di Stevenson.

25 settembre - Da Les Vans a Villefort


La tappa di oggi ci costringe a riprendere un ritmo di cammino più serrato; si sale sulla montagna a ovest di Les Vans. Siamo nel punto di incontro tra due climi dove, per la prima parte del percorso, gli ulivi convivono con i castagni. Nei muri delle case che compongono dei villaggi compatti, perduti in mezzo alla vegetazione di queste basse montagne, troviamo la roccia scura, metamorfica di questo nuovo mondo che stiamo per attraversare.
Sulla cresta della Serre de Barre abbiamo una visione a 360 gradi sulle prime Cevenne e sulle gole del Chassezac. L’aria si è fatta più umida e densa, e con essa torna l’odore dei prati di montagna. Attraversiamo boschi di lecci, castagni, pini, quercie e ginepro, con la bruma (l’erica), che aggiunge le sue tinte rosate. Nell’ultima parte del cammino siamo circondati da abeti rossi altissimi, un bosco troppo fitto, frutto di un lavoro di riforestazione. Villefort è un villaggio suggestivo, con edifici alti e austeri, infilato in una conca tra le montagne, ai piedi del Mont Lozere e rappresenta la porta nord delle Cevenne. Alla Gite d’Etape, insieme al sindaco, a Christian Planchon del Felibrige e ad Alan Pantel dell’associazione Ad Oc, ci sono dei buffi individui con un vestito a strisce gialle e blu: é la confraternita della peyrolada che dal 1983 si occupa di preparare un'ottima minestra di orzo, porri, patate e salsiccia in un grande paiolo di rame.

24 settembre - Da Comps a Le Vans

Ci stiamo avvicinando alle Cevenne... il fiato di mattina fa condensa e l’architettura dei paesi si sta facendo più austera, con case alte e massiccie. Percorriamo un bel sentiero che per un paio di chilometri si affaccia sulle gole di Chassezac poi, per il terzo giorno di fila, ci concediamo un sonnellino dopo pranzo. A les Vans ci accoglie l’associazione La Faraça. Il discorso di benvenuto del presidente dell'associazione comincia con una descrizione del territorio in stile depliant turistico, ma presto ci rendiamo conto del piglio ironico: i simboli del luogo, un tempo la castagna e la capra, sono stati sostituiti dalla sagoma di un turista con il culo al sole; le case aumentano di valore e le terre sono abbandonate. La storica convivencia, l'arte di accogliere le differenze e di vivere con gli altri, si trasforma in codardia.
L'aperitivo di oggi prevede il clinton, un vino fatto per metà con uva americana. A cena si canta e, sfogliando il canzoniere, scopriamo che hanno rubato un bellissimo canto all’Ariege, trasformandolo in “Ardeche o mon pais!”.
Ancora una volta veniamo caricati di cibo per l'indomani: gratin dauphinois, mele e uva dell’orto e formaggi.

martedì 23 settembre 2008

23 settembre. Da La Bastide le Virac a Comps

Rientriamo nella garriga e nel pomeriggio abbiamo appuntamento alla cappella di Nostra Dama des pantais con due simpatici occitanisti conosciuti la sera prima: Lulù e Jacques, dal riso facile ; ci accompagnano nel villaggio abbandonato di Chastelas, ai piedi di una rocca dalla quale si gode di una vista molto ampia, poi raggiungiamo la sorgente di Fontvive, che ha creato una vasca d’acqua limpidissima di trentadue metri di profondità; una camminata decisamente piacevole segue il rio e ci porta alla strada che conduce a Comps. La Gite d’Etape è una vecchia casa, con i piani superiori adibiti a dormitorio. La cena è preparata in collaborazione con la padrona di casa, come vogliono i nostri accompagnatori. Pasta al pesto e zuppa di pesce. La sera si parla della situazione del territorio: qui sono in molti a vendere i terreni a stranieri o parigini; un tempo si parlava occitano nei consigli comunali ma ora sempre più ci sono sindaci che vengono da lontano. L’alta domanda di case ha alzato i prezzi e reso difficile per i giovani del posto trovare case a costi accettabili. E il territorio sta perdendo la sua identità.

lunedì 22 settembre 2008

22 settembre. Da Aiguèze a Le Bastide de Virac

All’uscita da Aigueze, che ricorderemo come il paese della gente allegra, salutiamo l’Ardeche in un rosa mattutino che merita molte fotografie.
Ci immergiamo nella macchia di larici, bosso, quercia e ginepro; c’è solo il corbezzolo, che con il suo colore rosso-arancio si fa notare tra i colori e le forme immutabili di oggi: la macchia, il cielo, la strada. La Bastide è un villaggio grande, con case imponenti, ma piuttosto vuoto. Un gruppo di occitanisti viene a prelevarci in macchina e ci trasporta a Bessas dove ci è stata organizzata un’accoglienza calorosissima. Al di qua del Rodano sembra che la gente sia più festaiola; il discorso del sindaco è più volte interrotto da battute e risate. Segue, come da copione, la cena sociale, dove un duo di bravi cantanti ci fa conoscere i bellissimi canti lengadociani.